Il lupo una specie cacciabile?

Il lupo: una specie cacciabile?

E` dal 2012 che la coppia di lupi presente nella zona del Calanda, non lontano da Coira, mette al mondo lupacchiotti: 3 – 4 – forse 5 ogni volta. Fate voi il conto di quanti ne sono già nati in questo periodo.
Dopo appena 4 anni, le autorità dei cantoni Grigioni e San Gallo si sono già trovate costretti ad avvalersi della facoltà concessa dalla nuova ordinanza sulla caccia per chiedere all’autorità federale l’abbattimento di due di questi lupi (… solo 2 perché la quota di abbattimento non deve superare il 50% della cucciolata dell’anno!).
Il motivo, certamente inquietante e non solo per il settore agricolo: i lupi (quelli rimasti, poiché la maggior parte si disperdono in Svizzera e forse anche oltre i nostri confini) si avvicinano troppo agli insediamenti e stanno perdendo il timore per l’uomo.
Immediatamente da parte di Gruppo Lupo Svizzera è partita una petizione per chiedere alle autorità federali di non autorizzare l’abbattimento. E questa sembra avere seguito.
Come andrà a finire, lo sapremo fra qualche settimana.
A causa della coppia che si è insediata in Val Morobbia, fra 4 anni (!) in Ticino potremmo trovarci nella stessa situazione, se non peggio. Non riesco a immaginare quante predazioni saranno successe nel frattempo. E la storia si ripeterà.
Anche qui ci sarà chi si straccerà le vesti, poiché qualcuno dovrà chiedere una limitazione all’espansione. E si continuerà a ripetere che il lupo non è pericoloso, che il lupo fugge alla vista dell’uomo, che sono secoli che il lupo non uccide più persone in Ticino, che le greggi si possono proteggere, che la colpa è di chi tiene le galline accanto a casa, che ….
Una storia simile è capitata la scorsa estate quando in Francia un gruppo di allevatori hanno sequestrato per un’intera notte i responsabili del Parco della Vanoise e alla fine delle trattative hanno ottenuto l’autorizzazione all’abbattimento di 6 lupi.
Nella nostra società tutto è regolamentato: chi uccide un lupo va in prigione, chi raccoglie troppi funghi paga la multa, chi non protegge greggi e colture perde tutto e non viene indennizzato, chi non si iscrive entro una certa data … perde i sussidi.
Ditemi voi per quale ragione al mondo soltanto l’espansione del lupo dovrebbe regolarsi in modo naturale: la crescita cesserà quando non avranno più né selvaggina né animali domestici di cui cibarsi. I grandi predatori sono il vertice alto della catena alimentare, quindi non hanno antagonisti che ne contengano e regolino il numero. Evviva l’anarchia e benvenuto a chi sparerà al lupo. Coloro che, pur non essendo allevatori, affrontano l’argomento in modo razionale giungono a considerazioni e a conclusioni ben diverse.
Ne ho avuto conferma negli scorsi giorni incontrando, con i miei colleghi di comitato, i responsabili dei progetti di Parcadula e di Parco nazionale del Locarnese. Persone che riconoscono che la presenza del lupo per gli allevamenti di bestiame minuto può essere un grosso problema. Un problema che sommato a molti altri potrebbe anche far sparire dalle nostre Valli l’allevamento tradizionale di bestiame. Proprio ciò che anche loro difendono e sostengono, poiché senza animali al pascolo, senza monti falciati, senza prodotti nostrani, senza selvaggina spinta ad andarsene dalla presenza dei predatoi, che montagna sarebbe? Che parco di nuova generazione sarebbe? Ma allora sorge una domanda cruciale: si potrà cacciare il lupo nei parchi?
Nella zona periferica varranno le stesse regole già introdotte o da introdurre in Svizzera (oggi: 25 capi in un mese, 35 in 4 mesi oppure se si avvicina troppo agli abitati).
Nella zona centrale, invece, no, non potrà essere cacciato, poiché la natura deve svilupparsi liberamente. Ma i dirigenti dei parchi ci hanno assicurato che tali zone non rappresentano l’habitat ideale per una famiglia di lupi. Staremo a vedere.
E c’è anche chi, non allevatore, mi ha confermato che il lupo in futuro potrebbe anche essere un rischio per l’uomo, poiché il lupo dopo decenni di protezione assoluta non riconosce più nell’uomo un pericolo dal quale starsene alla larga, considerando anche che i lupi presenti sul territorio sembrano tutti essere degli ibridi…
Lo dicono persone che hanno vissuto esperienze di caccia fuori dalla Svizzera e lo testimoniano filmati e racconti di persone che hanno subito delle aggressioni.

Armando Donati, presidente ATsenzaGP, sezione Ticino

La Protezione Svizzera degli animali attacca ingiustamente gli allevatori

Comunicato stampa

Berna, 6 novembre 2015
La Protezione Svizzera degli animali attacca ingiustamente gli allevatori.
 
L’organizzazione «Protezione Svizzera degli animali» (PSA) in una recente petizione (http://www.protezione-animali.com/pecore_alpeggi/petizione/testo.html) chiede che i proprietari di greggi di capre e pecore non sorvegliati non siano più sostenuti per mezzo dei contributi dello Stato. Nello stesso tempo chiede una grande tolleranza rispetto alla problematica dei “grandi predatori”. In pratica la PSA accusa la maggioranza degli allevatori di negligenza. L’Associazione svizzera per un territorio senza grandi predatori respinge queste accuse e dimostra che i promotori della petizione dimostrano ignoranza in rapporto alla problematica e alle difficili condizioni di lavoro cui sono confrontati gli allevatori nelle regioni di montagna.

 
La petizione della PSA indica che circa il 2% delle 200’000 pecore alpeggiate sono disperse durante la stagione estiva. L’Associazione svizzera per un territorio senza grandi predatori chiede quale sia la fonte di queste cifre, che sono ritenute erronee e prive di fondamento. Indipendentemente delle condizioni d’alpeggio, in effetti, gli incidenti sono inevitabili. In concreto si rileva che nonostante le misure di protezione raccomandate dalla Confederazione le stesse non escludono i continui attacchi di lupi, e di altri grandi predatori, e la conseguente predazione di pecore e capre. Le capre e le pecore che sono pascolate sugli alpeggi estivi, permettono lo sfruttamento e gestione attiva di queste aree, favorendo la biodiversità. La presenza di questo bestiame sugli alpeggi evita l’inselvatichimento dei pascoli e limita l’espansione delle foreste. Con il lancio del marchio «pecore d’alpeggio», i produttori hanno voluto promuovere in miglior modo l’immagine degli animali che trascorrono buona parte dell’anno in montagna. In questo modo si contribuisce a ridurre l’importazione di carne proveniente soventemente d’oltre mare e a dare valore aggiunto alla produzione locale a km 0.
L’organizzazione PSA chiede esplicitamente che gli alpeggi che non possono essere dotati di misure di protezione siano abbandonati! Questa rivendicazione, unitamente a quella di sopprimere i contributi d’alpeggio riconosciuti dallo Stato, danneggia e offende gli allevatori. Siamo certi che il Consiglio Federale non si lascerà impressionare dagli argomenti sostenuti per mezzo di questa petizione. D’altronde, una gran parte di chi ha sottoscritto questo esposto sono persone che non conoscono sufficientemente le difficoltà cui sono confrontati gli allevatori di bestiame che operano nelle regioni periferiche e di montagna. Se così non fosse, saprebbero che raggruppare sistematicamente le greggi in recinti, come preconizzato dalla PSA e dalle cosiddette misure di «protezione”, sono soluzioni che favoriscono la trasmissione di malattie.

Contatti per informazioni:
Georges Schnydrig, Co-Presidente dell’Associazione “Territorio Svizzero senza grandi predatori”. Tel. 078 736 62 58

Germano Mattei, Co-Presidente dell’Associazione “Territorio Svizzero senza grandi predatori”. Tel. 079 428 40 59

Comunicato stampa ATsenzaGP sezione Ticino

Comunicato stampa: Associazione per un territorio senza grandi predator

Il comitato dell’Associazione per un territorio senza grandi predatori nella propria riunione di martedì 8 settembre ha preso atto con grande preoccupazione degli eventi succedutosi in Ticino negli ultimi mesi. In particolare l’avvistamento di una cucciolata in Val Morobbia e le diverse predazioni già capitate nel corso del 2015. Dal mese di febbraio a oggi ci sono state in Ticino 7 predazioni per un totale di 18 capi uccisi (a Brione sopra Minusio, in Val di Blenio, in Val Rovana e l’ultimo caso appena successo sulle pendici del Camoghè nella notte tra sabato 5 e domenica 6 settembre dove sono state trovate morte due capre con le tipiche ferite alla gola).
Inoltre si è saputo che soprattutto tra la Valmaggia e la Verzasca vi sono state grosse perdite in tre alpeggi diversi senza tuttavia essere riusciti a risalire alla causa della morte degli agnelli e delle pecore. Ultimamente in un caso è stato trovato dello sterco presumibilmente da lupo, per cui il dubbio che anche in questi casi le perdite siano opera di un predatore rimane.
Si è pure a conoscenza che in alcuni casi gli allevatori hanno deciso di scaricare anzitempo il loro alpe per timore di ulteriori predazioni con conseguenze non indifferenti a livello di foraggiamento e di costi di gestione dell’allevamento. Da sottolineare che anche nelle zone dei monti un certo rischio rimane in quanto il lupo o i lupi presenti in Ticino (oltre alla cucciolata stanziale della Val Morobbia) si spostano regolarmente da una zona all’altra.
Dalla Francia giungono pure notizie allarmanti: alcuni giorni or sono un gruppo di allevatori, giunti al limite della sopportazione, hanno sequestrato durante un’intera notte il presidente e il direttore del parco della Vanoise e al termine delle trattative hanno ottenuto, dal prefetto della Regione, il permesso di uccidere 6 lupi entro il 31 dicembre 2015. La ministra francese dell’ecologia, signora Ségolène Royal ha deciso che entro il 30 ottobre si recherà nella zona per discutere con i rappresentanti politici e degli allevatori se concedere l’autorizzazione a uccidere lupi anche all’interno della zona centrale del parco.
Di fronte a una tale situazione il comitato della sezione ticinese dell’ATsenzaGP saluta con favore la costituzione dell’Associazione svizzera per un territorio senza grandi predatori che avrà luogo a Berna giovedì 10 settembre.
Il comitato è attivo per sostenere gli allevatori in difficoltà (per necessità tel. al no. 091 851 90 90 oppure 079 412 32 17) e non cesserà di far presente alle autorità e all’opinione pubblica la gravità della situazione venutasi a creare in Ticino.
Da tutte le esperienze avute finora al di fuori del Ticino, si sa che l’espansione del lupo, dal momento in cui si forma la coppia con la relativa cucciolata, è esponenziale.
Tuttavia osa lanciare un appello agli allevatori affinchè non si lascino prendere dallo scoraggiamento e, come gli allevatori francesi, sappiano difendere con tenacia un’attività nella quale finora hanno creduto.

La situazione in Ticino
Predazioni accertate con il DNA (dati Ufficio caccia e pesca)
17.12.2014 Campo VM: 5 capre
09.02.15 Brione S. Minusio – coordinate 688/134 – Predazione 3 pecore
01.05.15 Malvaglia – coordinate 721/143 – Predazione 2 capre
10.05.15 Marolta – coordinate 713/148 – Predazione 2 capre
21.05.15 Malvaglia – coordinate 722/144 – Predazione 3 pecore
25.04.15 Malvaglia – coordinate 722/143 – Predazione 3 pecore

Altre predazioni successive (da accertare al 100%)
luglio-agosto: predazione sull’alpe Cravairola (Italia)
28-29 agosto: Niva, comune Campo VM. Predazione 3 pecore
5-6 settembre: Pendici del Camoghè a 1900 m/sm ca. (alpe Caneggio). Predazione 2 capre

Scomparsa di ovini
luglio – agosto
alpe Larecc, Val di Prato: 17 capi
alpe Tomè, Broglio: 13 agnelli
alpe Carded, Sonogno: 13 agnelli e 7 pecore. Trovato sterco di lupo
V. Morobbia: 20 – 40 capi

Avvistamenti 2015
Gennaio: lupo a Linescio
Marzo: lupa morta in val Colla
Aprile – Maggio: lupo in Val di Blenio
1 settembre: cucciolata in V. Morobbia
2 – 3 settembre: orso in Mesolcina

Per il comitato dell’ATsenzaGP, sezione Ticino
Il Presidente, A. Donati

Quando le autorità si interessano di lupi

Mentre scrivo queste righe, la presenza del lupo in Ticino sembra meno problematica di altri momenti: dopo le predazioni a Campo Valmaggia del mese di dicembre e a Brione S. Minusio in febbraio, non vi più state segnalazioni né di avvistamenti né di predazioni.
Ma non metterei la mano sul fuoco che fra una decina di giorni, quando uscirà l’articolo sull’Agricoltore ticinese, la situazione potrebbe essere precipitata.
I lupi che arrivano in Ticino, prevalentemente dall’Italia, sono assolutamente imprevedibili: improvvisamente arrivano, sbranano e poi si spostano a decine o centinaia chilometri di distanza dove ripetono le stesse azioni. Per gli allevatori quindi una condizione di grande incertezza. L’unico aspetto costante del comportamento dei lupi vaganti che giungono da noi sembra essere il ritorno sul luogo della predazione la notte seguente il primo attacco.
Che fare quindi ora che pecore e capre attendono impazienti di uscire per gli ambìti pascoli primaverili ed estivi ?
Probabilmente poco. Stare all’erta e, alla prima comparsa, cercare di mettere in difficoltà l’indesiderato predatore. Pur non essendo un esperto di lupi, sono convinto che come per altri animali selvatici, la presenza attiva dell’uomo lo disturba e lo convince a cambiare aria.
Naturalmente il problema si riproporrà altrove.
Per questo sono fondamentali le azioni a livello istituzionale che varie organizzazioni agricole stanno conducendo proprio in questi mesi sia in Svizzera sia nelle nazioni a noi vicine (Francia e Italia in particolare) dove i branchi si contano a decine, i lupi a centinaia e i capi predati a migliaia !
In Svizzera il Consiglio federale lo scorso mese di giugno ha messo in consultazione la nuova Strategia lupo che avrebbe dovuto sostituire quella del 2008.
In pratica non cambiava nulla: rimaneva in vigore la regola che un lupo può essere ucciso se nello spazio di un mese ha predato 25 capi o 35 in quattro mesi, ma poi seguivano diverse altre condizioni da ossequiare per cui in effetti l’eliminazione legale diventa impossibile.
Perciò le critiche rivolte al documento sono state moltissime, anzi diversi enti sia a livello federale (l’Unione svizzera dei contadini, il SAB, le Federazioni di allevamento ovino e caprino) che cantonale (l’UCT, la Federazione dei consorzi) hanno respinto senza appello il progetto.
Pure alcuni cantoni, compreso il nostro, hanno affermato chiaramente che la Strategia lupo come impostata finora è difficilmente applicabile al nostro sistema di gestione del bestiame minuto e non potrà permettere un futuro all’allevamento di montagna.
D’altra parte nel corso del 2014 le Camere federali hanno accolto la mozione del consigliere nazionale grigionese Engler che chiedeva al Consiglio federale di presentare un progetto di revisione della legge federale sulla caccia finalizzato alla regolazione delle popolazioni di lupi.
A seguito della disastrosa consultazione e della mozione Engler, la consigliera federale signora Leuthard ha ritirato la nuova Strategia lupo (..chissà quante ore avevano dedicato i funzionari federali alla preparazione del documento !) e ha messo in consultazione la revisione dell’Ordinanza sulla caccia.
Anche in questo caso, le prese di posizione degli enti citati sono state decisamente negative, poiché la revisione si basa sul principio che il lupo potrà essere cacciato quando in Svizzera saranno presenti un numero di branchi tali da assicurare la sopravvivenza della specie.
Idea da respingere con forza, poichè l’esperienza della Francia ci indica che quando la diffusione ha raggiunto lo stadio del branco, anche eventuali azioni di contenimento non riescono a limitare un’ulteriore espansione (in Francia nel 2014, nonostante permessi di abbattimento in alcuni dipartimenti alpini, il numero di lupi è aumentato del 30 % e gli animali predati sono stati 9’033).
Queste due consultazioni hanno dimostrato che quando le organizzazioni agricole e quelle che sostengono le popolazioni di montagna agiscono in sintonia qualche risultato sia a livello istituzionale che di sensibilizzazione viene raggiunto.
Perciò se vogliamo assicurare un futuro al nostro allevamento tradizionale di bestiame minuto occorre agire puntualmente sul terreno, ma pure a livello legislativo. In Svizzera probabilmente la situazione non è ancora sfuggita di mano alle autorità e quindi qualche speranza di riuscire a contenere il numero di lupi può ancora essere cullata.
Ma occorre mantenere alta la pressione e continuare ad agire con determinazione.

Armando Donati

In Svizzera sta nascendo una voce forte e unita contro i grandi predatori

Il signor Donati nell’articolo “quando le autorità si interessano di lupi” è stato un cattivo profeta; proprio di oggi la notizia della predazione da parte di un lupo di diverse pecore e/o capre in val Malvaglia, un territorio non toccato in precedenza dalla presenza di questo feroce animale.
Il titolo dell’articolo non è solo un grido di speranza siccome sembrerebbe che la politica e le istituzioni abbiano effettivamente smesso di nascondersi dietro ad un dito per cercare di accontentare tutti, delegando e rinunciando ad assumersi delle responsabilità per effettuare dei progetti in merito.
Questa nuova via si rispecchia in recenti atti parlamentari e mozioni accettate da entrambe le camere che mirano a modificare lo statuto di protezione dei grandi predatori, nell’unità di opinioni e intenti delle principali associazioni Svizzere di categoria coinvolte e nell’intenzione di unire le forze in un’associazione nazionale unica avente delle sezioni cantonali.
La volontà politica delle Camere Federali non incentiva una diffusione dei predatori in Svizzera, quindi essa deve venir messa in pratica velocemente ossequiando i vincolanti mandati parlamentari. Purtroppo però i nuovi concetti di gestione proposti a scadenze regolari sono sempre uguali, creano sforzi di tempo e finanziari elevatissimi e trattano la problematica unilateralmente tralasciando completamente il punto di vista degli animali da reddito. Essi sono paradigmatici e vengono vissuti dai diretti interessati come un’imposizione inaccettabile da parte di persone e movimenti che, non vivendo la realtà direttamente in loco, vogliono imporre dalle loro comode scrivanie un’ideologia ambientalista tipicamente urbana e completamente inadeguata a capire e affrontare la realtà locale giornaliera, distorcendo e strumentalizzando concetti come natura, biodiversità e cultura del territorio.
Il ritorno dei grandi predatori desta grande preoccupazione agli allevatori, mentre per una nutrita cerchia di funzionari, ambientalisti e protezionisti a oltranza, l’evento è motivo di spensierato valore naturalistico, dove responsabilità civile e buon senso sembrano ormai andati perduti. Capre, pecore, mucche e pastori sono lo specchio della civiltà pastorale che sopravvive e testimonia lo stretto legame anche affettivo con il territorio e la tradizione, ed è paradossalmente una delle attività agricole più rispettose della biodiversità e dove vengono prodotti ecosistemi di valore.
Non è accettabile che un lupo valga più di 25 pecore, che, oltretutto danno anche un valore aggiunto. Non è giusto ridicolizzare chi ha paura per il suo futuro, puntandogli il dito contro e accusandolo erroneamente di essere inerte e non attuare misure di protezione, che poi nella maggior parte dei casi si sono rivelate improponibili, inefficaci e nel contempo diffondere la favola di una possibile convivenza all’interno degli stessi spazi tra animali al pascolo e grandi predatori.
Per contrastare questa miope visione, diverse forze politiche e istituzionali si stanno unendo per creare l’associazione territorio senza grandi predatori (ATsenzaGP). La gestione a livello Svizzero sarà assunta dal Gruppo Svizzero per le Regioni di Montagna (SAB), mentre in parallelo si stanno formando diverse sezioni cantonali (Grigioni, Vallese, Friborgo, S. Gallo, Berna, Svitto, Zurigo). In Ticino diverse associazioni (ALPA, FTCI, Montagna viva, STEA, ADP, Federazione Ticinese Consorzi allevamento Caprino e Ovino, enti regionali di sviluppo, UCT, …) che rappresentano o sono vicine al settore primario, quello (più) colpito dal ritorno dei grandi predatori, stanno unendo le loro forze per essere più efficaci nell’azione e per cercare di arginare una situazione difficilissima. La grossa preoccupazione è che la situazione degeneri e diventi come quella degli ungulati, dove nel momento in cui ci si è chinati effettivamente sul problema i buoi erano ormai fuori dalla stalla. Non mettiamo a repentaglio una cultura secolare e la sopravvivenza della pastorizia tradizionale.

Sem Genini, segretario agricolo UCT