Comunicato stampa: recenti predazioni

Il comitato dell’Associazione per un territorio senza grandi predatori, riunitosi ieri a Lavertezzo:
– esterna una grande preoccupazione per i ripetuti e gravi attacchi da lupi avvenuti all’interno di recinti e nelle stalle dove sono ricoverati gli animali; attacchi capitati negli scorsi giorni in Val Leventina e in Val Mesolcina e che hanno portato complessivamente all’uccisione di quasi 50 pecore;
– esprime la massima solidarietà agli allevatori colpiti, ben coscienti dello scoramento vissuto da chi vede i propri animali sbranati, ma pure preoccupati per quelli sopravvissuti che soffrono per lo stress in un momento particolarmente delicato quale è quello antecedente i parti;
– sottolinea che il lupo (o i lupi) che ha colpito nelle scorse settimane ha assunto la strategia di predare all’interno delle recinzioni, anche vicino ai nuclei abitati, e che quindi cercherà di ripetere lo stesso atto, per lui molto gratificante, nei prossimi giorni con la probabilità che si sposti in altre zone del Ticino;
– fa presente all’opinione pubblica che i recinti realizzati attorno alle stalle sono stati montati per dare la possibilità agli animali di uscire ogni giorno all’aperto; un’esigenza indispensabile per il loro benessere e obbligatoria secondo le leggi sulla protezione degli animali.
– fa inoltre notare che per realizzare una recinzione fissa “a prova di lupo” sarebbe necessario un discreto investimento con la relativa licenza edilizia e con dei risultati estetici spesso molto discutibili;
– ribadisce l’inconciliabilità tra allevamenti di bestiame minuto gestiti secondo i metodi tradizionali e presenza di lupi, come dimostrato da studi realizzati in passato in Ticino e da rapporti su esperienze condotte in Francia dove il lupo è presente da parecchi anni;
– deplora la presa di posizione degli esponenti del WWF della Svizzera Italiana che, insensibili dello sconforto in cui si trovano gli allevatori e della fragilità del settore, continuano, a volte con dati non veritieri, a sostenere la necessità dell’espansione del lupo, a mettere in cattiva luce gli allevatori e a insistere che ci sono varie possibilità di proteggere le greggi;
– prende atto con soddisfazione degli atti parlamentari inoltrati a sostegno dell’allevamento e della decisione presa lo scorso 1 febbraio dal Consiglio di Stato circa il risarcimento dei danni collaterali.

Il comitato dell’ATsenzaGP in conclusione:
– chiede ancora una volta alle autorità cantonali e federali di attivarsi con azioni incisive atte a limitare l’espansione del lupo (rinegoziazione della convenzione di Berna; nuova legge sulla caccia; abbattimenti legali) affinché l’allevamento tradizionale possa avere un futuro;
– invita gli allevatori a non abbattersi e a non pensare di cessare la loro preziosa attività, poichè anche in Ticino molti apprezzano i prodotti genuini che sanno loro offrire nonché l’insostituibile lavoro di manutenzione del territorio anche delle zone più impervie e marginali.

Il presidente Armando Donati; Il segretario Sem Genini

Comunicato stampa sezione Ticino in merito alle predazioni in Leventina

Se uno alleva i propri animali per passione, di fronte alla strage di pecore avvenuta nella notte tra sabato e domenica in un recinto elettrificato accanto a una stalla sopra Faido, i sentimenti che prova non possono che essere due.
Un grande senso di scoraggiamento e di frustazione, ma anche di impotenza di fronte a un fenomeno incontrollabile che ti fa dire: – Basta, il mio ideale di allevatore di montagna è finito. In una notte si è spezzato tutto. Vendo tutto e cambio vita. –
Ma ci può essere anche la reazione di rabbia, di violenza verso il lupo, ma anche verso coloro che continuano a sostenere, senza essere allevatori, che la convivenza tra lupo e allevamento è possibile.
Se poi, dopo un fatto del genere, l’allevatore sparasse al lupo, c’è da chiedersi con che autorità, chi finora ha fatto poco o nulla per contenere il fenomeno, dare l’ordine di arrestare il malcapitato.
Con un approccio più razionale, occorre ammettere che fatti del genere ne sono già capitati in Ticino (a Cerentino, nel 2013 con 14 capi predati anche se allora le pecore non erano in un recinto, a Magadino, nello stesso anno, 7 capi predati) in Francia, in Italia, ovunque ci siano lupi.
E ne capiteranno ancora. Come questo e anche peggiore di questo.
Perciò l’aspetto più inaccettabile, più drammatico, è che le autorità, federali e cantonali, ben coscienti che vi è a rischio l’esistenza dell’allevamento tradizionale di montagna, poichè l’espansione del lupo è sempre più forte (lo si ammette in tutti i rapporti),  non fanno nulla per togliere la protezione assoluta per il lupo (famosa Convenzione di Berna) e a intraprendere azioni incisive per contenerne l’espansione. Si limitano a esprimere sostegno e comprensione per gli allevatori colpiti, a proporre palliativi inutili, a spendere denaro pubblico per degli studi inconcludenti.
Il Gran Consiglio ticinese nel 2010 aveva deciso che “oltre al risarcimento dei capi predati, vanno risarciti i costi derivanti dalla ricerca e dal recupero dei resti delle carcasse, nonchè la perdita di prodotto conseguente”. Sono trascorsi 6 anni e il Consiglio di Stato non ha ancora emanato il relativo regolamento per cui di risarcimenti, nemmeno l’ombra.
Il 26.04.2014 il Consiglio di Stato aveva dato mandato ad Agridea di fare un Analisi strutturale per la messa in opera di misure di protezione delle greggi in Ticino con termine di consegna per l’aprile 2015. Sono trascorsi quasi due anni e il rapporto non è ancora stato consegnato.
Il Vallese è l’unico cantone che ha osato agire: nel novembre 2014 ha inoltrato un’iniziativa cantonale per chiedere al Consiglio federale di “denunciare la Convenzione di Berna e negoziare una nuova adesione introducendo però una riserva che escluda la protezione del lupo, analoga a quella ottenuta da 12 dei 27 Stati contraenti”; iniziativa che è stata avversata dal Consiglio federale, è stata rigettata dal Consiglio degli Stati nel 2015 ed è stata accolta dal Consiglio nazionale nel novembre 2016. Fra qualche mese ritornerà agli Stati, ma anche se fosse accettata, trascorreranno ancora anni prima che ci sia una decisione definitiva. E intanto i lupi aumentano, le predazioni pure e l’allevamento muore.
E il Vallese è pure l’unico cantone che nei fatti cerca di contenerne l’espansione (dal 1998 a oggi sono stati uccisi legalmente 8 lupi).
Certamente la solidarietà e la compartecipazione all’amico Daniele, da parte nostra non manca.
Ma se le autorità non si danno una mossa per cercare di contenere il fenomeno, sarà la fine del nostro allevamento di bestiame minuto.
Armando Donati, presidente Associazione ticinese per un territorio senza grandi predatori

Benvenuto alla nuova Associazione della Svizzera Centrale

Venerdì 18 novembre 2016 a Rothenthurm è stata costituita la nuova Associazione/Sezione chiamata “Vereinigung zum Schutz von Jagd und Nutztieren vor Grossraubtieren in der Zentralschweiz – VSvGZ, cioè l’Associazione per la protezione degli animali cacciabili e d’allevamento contro i grandi predatori nella Svizzera Centrale”, alla presenza di più di 550 persone provenienti da tutti i Cantoni della Svizzera Centrale. Congratulazioni a tutti ed in particolare ai due co-presidenti Ruedi Fässler e Franz Püntener.

Il punto di vista di Rico Calcagnini sulla votazione per il progetto Parc Adula.

Esistono concetti neoliberali che vorrebbero limitare o perfino abolire il finanziamento delle infrastrutture delle regioni di montagna che non «rendono». La fabbrica di idee Avenir Suisse,finanziata dal grosso capitale nazionale e internazionale, negli anni 2004/2005 ha propagato simili concetti, giungendo fino a proporre lo spopolamento di intere vallate, per esempio della Val Calanca, per dar via libera alla natura selvaggia.
Ultimamente il presidente di Hotellerie Suisse, Andreas Züllig, ha proposto di concentrare i sostegni finanziari pubblici solo sulle principali zone turistiche del canton Grigioni. Con l’andare del tempo gli abitanti e le aziende locali devono così abbandonare queste regioni trascurate con il conseguente degrado delle loro infrastrutture e dei terreni coltivati. Il reinsediamento del lupo e dell’orso, promosso dal progetto Parc Adula, darà il colpo di grazia a questi insediamenti di montagna situati nelle regioni del Parco. Con simili concetti miranti al solo profitto si vuole concentrare l’attività economica in aree urbane e nei rispettivi agglomerati. Finora però la popolazione e i politici hanno impedito la realizzazione di idee talmente deleterie.
Con il Parc Adula oggi le regioni di montagna si vedono di nuovo confrontate con un progetto che, con centinaia di pagine di regolamentazioni, false promesse e un enorme mole amministrativa, toglie ai 17 comuni coinvolti il controllo sul loro territorio. Speriamo che le concittadine e i concittadini dei comuni colpiti non si lascino ingannare dalle visioni di grandezza della propaganda per il sì e dagli scenari apocalittici propagati nel caso di un no al Parc Adula.
Il futuro dei comuni non dipende certo da un marchio in più (in Svizzera ne esistono già quasi 300) e di miseri 18 posti di lavoro (il Parco nazionale svizzero attuale è sei volte più piccolo e ne conta ben nove volte in più). A questo proposito va ricordato che nell’Engadina bassa (Parco nazionale) sono in vendita undici alberghi, nel comune del Parco nazionale di S-chanf negli ultimi dieci anno si son chiusi quattro alberghi, a Savognin (Parc Ela) negli ultimi anni se ne sono chiusi altri cinque e che a Sta. Maria nella valle Monastero (biosfera) nel gennaio del 2016 è fallito il rinomato albergo Schweizerhof. Il territorio dei 17 comuni è già oggi un bellissimo parco naturale.
Anche questa volta, grazie alla nostra democrazia diretta, la popolazione ha la possibilità di evitare con un no all’urna questo progetto inutile e di preservare così la propria indipendenza.

Rico Calcagnini, Buchen